domenica 7 dicembre 2014

venerdì 5 dicembre 2014

Venditori e compratori


Tutti vendono o comprano qualcosa. Anche quando non può andare a pesca - perché i fiumi sono in piena, perché la moglie ha minacciato di fare un ragù di carbonio e SiC delle sue canne, c'è l'Ebola nei cagnotti - niente sollucchera di più un pescatore che la prospettiva di acquistare qualcosa di nuovo. Per contro, un negoziante è sempre felice di poter vendere qualche canna - o qualsiasi altra cosa. Ovvio, ci campa su questo.

Ma anche il negoziante di pesca non scampa al destino del compratore, deve farlo se vuole avere merce in negozio. E non crediate che non ci sia in lui la stessa passione nel comperare del suo cliente pescatore che anela al mulinello dei suoi sogni. In fondo, molto spesso il negoziante è un pescatore anche lui, con le sue preferenze e le sue idiosincrasie.

A volte un'offerta particolarmente vantaggiosa da parte di un fornitore potrà portarlo ad acquistare qualcosa che forse, da pescatore, non vorrebbe mai, il prezzo è stracciato, gli affari sono affari e à la guèrre comme a la guèrre, il commercio è una battaglia quotidiana e bisogna fare margine, ma se putacaso il negoziante un fanatico di bolognese, qualche bella bolognese in casa la tiene sempre.

Magari solo perché è del suo marchio preferito.

E magari anche se ne vende solo dieci all'anno, e ne ha comprate trenta. Sono così belle.

Insomma, magari ci prende, ma tante volte il negoziante si trova a magazzino un po' di fuffa; anche il negoziante deve sottostare alla legge della passione per la pesca.

Che rimane? ah, già, il fornitore, il fabbricante di attrezzatura (fatemi, per pietà di Dio, saltare il passaggio dei distributori) . Dovrebbe essere il VENDITORE per eccellenza. Non è così. Prendendo ad esempio un fabbricante ideale, che ringraziando Iddio ce ne sono stati, che ha messo a disposizione tutta la sua esperienza, la sua fantasia e passione per la pesca - e i capitali - per fondare, far crescere e sostenere un'azienda di pesca, creando qualcosa di nuovo, di utile, di bello; be' anche lui si è sicuramente fatto "fregare" da quella passione, investendo (comprando: idee, materiali, tempo per lo sviluppo) in progetti sbagliati. Magari, e se gli va bene, solo quattro o cinque progetti su cento, ma ammetterete che può succedere. E' successo, fidatevi.


Insomma, quello che ci frega nell'essere compratori, dal primo all'ultimo di questa piramide alimentare dello Sport Preferito dall'Uomo, è la passione. Che poi è anche il bello di tutto il giochino, che ogni tanto non vale la candelina, ma che vuoi farci. Vendiamo, ma soprattutto compriamo tutti. Se ci sono i soldi, naturalmente.

Esistono, ovviamente, le eccezioni. Ma non sono nella regola, lo stanno diventando, ma se la regola è la passione per la pesca sportiva, questi attori, sempre più protagonisti, quando non addirittura registi, della pesca se ne fottono. Loro sono solo venditori, anche se materialmente non vendono nulla.

Da una chiacchierata, di non troppo tempo fa, con un manager, straniero, di un'importante azienda multinazionale di pesca. Di quelle grosse grosse. Non importa quale, ce ne sono cinque o sei al mondo, non molte di più. Ma lui è un genere di persona che ormai è assolutamente intercambiabile sotto diversi marchi. Ovviamente, non ha mai preso in mano una canna in vita sua, gli unici pesci che conosce li ha avuti a tiro di forchetta. Ma è un grande manager, viene dalla grande distribuzione. Dall'automotive, dall'outdoor se va bene. Ovvero capisce solo di fornelli a gas e scarponcini da trekking. Poco. Nella maggior  parte dei casi neanche di quelli, non gli serve, lui si occupa d'altro.

Ma sto divagando. Scusatemi, mi piace divagare. Dicevo: si chiacchierava, e lui mi chiedeva come andavano le cose in Italia, con la crisi, le vendite, e poi le vendite, e se e come si vendeva.

Gli dico quello che so, che sappiamo tutti. Soldi pochi, la gente spende con molta, molta attenzione, quando può e a volte non spende nemmeno quando può. E' vero, la pesca è uno sport (sport?) relativamente povero, ma si vende sempre meno, il mutuo, l'asilo dei figli, il tagliando della macchina sono priorità. E poi, soprattutto, gli dico, qui in Italia la disoccupazione e il suo spettro incombente su coloro che un lavoro ora ce l'hanno e domani chissà...

E qui il genio straniero mi si illumina e m'interrompe, guardandosi attorno in modo che chiunque possa leggere sulla sua faccia: "E adesso ti dico io quello che non hai capito". Oppure, se vogliamo: "E adesso ti sparo una cagata galattica". Che è quello che ci ho letto io, su quella straniera faccia: stai per dire una cagata galattica.

"Vedi" mi spiega " con tutti i disoccupati a casa, hanno più tempo per andare a pesca, lavorate su questa nuova opportunità, in Italia, e poi vederete che si vende!"

Sono una persona educata. E un "vaffanculo" o un più articolato "che cazzo dici, o tu enorme testa di minchia", ancorché congruo al momento, una volta salito dal cuore non mi è venuto fuori dalla bocca. Gli ho semplicemente fatto notare che se un povero diavolo viene licenziato e ha tutto il tempo di andare a pesca, prima di tutto deve farsi venire la voglia, e se non si sente troppo una merda, al massimo spende tre euro di bigattini e usa l'attrezzatura che ha in garage, non si compra canna e mulinello nuovi per festeggiare il gaudioso evento.

E, vi giuro, mi ha guardato strano. Gli ho aperto un mondo. Quello della gente normale che va a pesca. Si illumina un'altra volta e mi dice che cazzo, c'ho ragione! E come si può fare? cosa possiamo vendergli ai disoccupati? noi non vendiamo bigattini, e se li vendessimo, solo tre euro? Come si possono fabbricare cagnotti da cento euro al chilo? Dallo stupore passa alla disperazione, lui c'ha la sua sede italiana, gli aveva trovato il modo, IL MODO, di sferzare gli agenti affinché non poltrissero sulle loro station wagon cariche di campionario nel parcheggio di qualche autogrill, ma andassero a vendere, a vendere, a vendere e invece, adesso...

Giurin giuretta, è tutto vero, è successo. Posso aver taciuto qualcosa - un mucchio di cose - per mimetizzare l'identità dello strapagato soggetto, romanzato un poco il racconto, per divertirmi e far divertire, ma tutto questo è successo. Perché lui è un venditore. Solo un venditore. E non perché vada di negozio in negozio a proporre novità o stock in promozione. Non sa nemmeno quanto costa quello che produce, o quali innovazioni ha l'ultimo mulinello delle sue fabbriche. Che non sono neanche sue, Lui è un manager stipendiato. Ci manda altri ad occuparsi di queste cose. Lui vuole vedere le vendite. E basta.

Questo accade in tutte le enormi aziende, le multinazionali, che non capiscono la differenza tra il costruire oggetti che gli uomini comprano per passione e quelli che devono comprare per necessità. Non capiscono che se guidi un'azienda che fabbrica materiale da pesca, devi essere un pescatore, devi capire i pescatori. Devi capire che c'è un mondo che non vive solo di bonus.

Se non sei un Peter Drennan, un Antonio Castiglioni, un Roberto Trabucco, un Milo, un Lele Tubertini un Dave Preston, metteteci il nome che preferite, nella pesca sarai solo un venditore.



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Oh, i cappotti sono in fondo le storie migliori. Sono le vittorie dei pesci, che non raccontano niente, non parlano, e non vanno sui social network. Ed è giusto così. Non per vergogna di una sconfitta, chi se ne frega. È pesca, non una gara contro qualcosa. È giusto che rimangano storie silenziose perché insegnano l' umiltà. Che non si "condivide". Si impara.